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Gianfranco Frattini: ieri, oggi, domani

Palazzo Arese Borromeo
Cesano Maderno (MB)
14 Aprile - 14 Maggio 2023

Nelle sale affrescate di Palazzo Arese Borromeo, a Cesano Maderno, un percorso espositivo racconta, in occasione della Milano Design Week 2023, il design senza tempo dell’architetto Gianfranco Frattini, tra pezzi d’archivio, riedizioni contemporanee e ispirazioni per il futuro.


In mostra non solo opere originali tratte dagli archivi di collezionisti, riedizioni prodotte da realtà del design contemporaneo e nuove sperimentazioni che aprono la strada a inedite espressioni progettuali, ma anche una selezione di schizzi originali e disegni di alcuni progetti architettonici, grazie alla collaborazione con CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma e Politecnico di Milano.


Opere, disegni, oggetti di archivio e vintage saranno affiancati da prodotti storici e nuovi nell’allestimento realizzato con il supporto di Ebanisteria Kora: pezzi di Acerbis, Cassina, CB2, Ceccotti, Poltrona Frau e Tacchini, insieme a lampade di Arteluce, Artemide, FontanaArte, Gubi e Luci.
La reinterpretazione dei canoni di Frattini si manifesta anche nelle porte tessili realizzate a quattro mani da Dooor e Torri Lana, con il contributo di Emanuela Frattini che, a partire dall’eredità stilistica del padre, ha dato vita a un suo originale percorso personale.






Frattini a Cesano Maderno

Sono orgoglioso che Cesano Maderno ospiti questa mostra dedicata a Gianfranco Frattini. L’evento che viene inaugurato inserisce la nostra città e la Brianza in percorsi espositivi di richiamo, destinati a un pubblico vasto e internazionale. Ha una funzione formativa e identitaria, favorendo la conoscenza di un architetto di fama che ha lavorato a lungo in Brianza, e una notevole forza attrattiva per l’interesse che il design riscuote ormai a tutti i livelli. Avere promosso questa rassegna, allestendola nelle sale di Palazzo Arese Borromeo, conferma la nostra residenza storic come luogo naturalmente deputato ad accogliere eventi di grande interesse e portata culturale.

Gianpiero Bocca, Sindaco di Cesano Maderno

Il forte legame tra il design e i luoghi della produzione è l’identità che caratterizza il nostro territorio, rendendolo innovativo e competitivo a livello internazionale. Stringendo un intenso rapporto creativo con aziende e artigiani, Gianfranco Frattini ha anticipato i tempi e alimentato il successo del made in Italy. Questa connessione viene riproposta nella mostra allestita a Palazzo Arese Borromeo attraverso il coinvolgimento e la partecipazione di aziende che hanno prodotto e diffuso nel mondo le icone del design italiano. Le ringrazio per la disponibilità e collaborazione, per avere contribuito con la loro presenza ad accrescere la consapevolezza del valore dell’eredità che il grande architetto ha lasciato a tutti noi.
Martina Morazzi, Assessora alla Cultura di Cesano Maderno

ADI Lombardia è onorata di patrocinare la mostra su Gianfranco Frattini, che nel 1956 fu uno dei cofondatori dell’Associazione per il Disegno Industriale e ne fu storico socio per tanti anni. Gianfranco Frattini, architetto e designer, è senz’altro uno tra i professionisti italiani che negli anni del dopoguerra si è impegnato più attivamente nel campo della progettazione sia nel design industriale sia nell’architettura, focalizzandosi in particolare negli interni. Nel corso della sua vita ottenne molti premi e riconoscimenti tra cui 8 Menzioni d’Onore del prestigioso Premio Compasso d’Oro ADI. Progettista raffinato, legato alla storia di prestigiose aziende italiane come Artemide, Bernini e Cassina, ha svolto un ruolo rilevante nell’ambito del sistema design, diventando una delle figure più significative e promotrici del made in Italy.
Cinzia Pagni, Presidente ADI Lombardia





L’archivio CSAC

Il CSAC ‒ Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma è una struttura di ateneo fondata dal Professor Arturo Carlo Quintavalle nel 1968. Il Centro accoglie e conserva materiali appartenenti all’ambito dell ricerca artistica, fotografica e progettuale italiana del ventesimo e ventunesimo secolo. Inizialmente la sede è l’Istituto di Storia dell’Arte presso il Palazzo della Pilotta a Parma. In seguito, a causa della quantità ingente dei materiali acquisiti che vengono progressivamente donati da artisti, fotografi, architetti, designer e stilisti, la sede viene trasferita presso il Padiglione Nervi (Parma) un edificio industriale connotato da una copertura a volta realizzata su brevetto di Pierluigi Nervi. Dal 2007 l’archivio ha sede presso l’Abbazia cistercense di Valserena, situata a Paradigna (Parma). Oggi l’archivio conserva oltre 12 milioni di opere suddivise all’internodi cinque sezioni denominate Arte, Fotografia, Media, Progetto e Spettacolo.
Le prime donazioni all’Università di Parma sono avvenute in occasione di mostre organizzate da Quintavalle e dall’Istituto di Storia dell’Arte a partire dal 1968; inizialmente i luoghi preposti alle esposizioni erano la Sala dei Farnese e successivamente il Salone delle Scuderie, nel Palazzo della Pilotta. Oggi le mostre principali vengono realizzate negli ambienti dell’Abbazia: la chiesa, la Sala delle Colonne e l’Archivio.
Nei primi anni di vita del Centro sono stati definiti i presupposti metodologici ed è stato costituito il nucleo iniziale di opere.
Ogni materiale presente all’interno degli archivi ha valore paritetico ed è valutato come documento. In tal senso si sviluppa il metodo di ricerca e raccolta che è alla base del CSAC, metodo che riconduce alla fase progettuale dell’opera valore primario, che permetta il principio dell’analisi storico-critica.
La catalogazione dei materiali conservati nelle diverse sezioni è unitaria. Mission del CSAC è lo studio delle collezioni e la valorizzazione dei fondi.
Nel corso della pluriennale attività sono stati pubblicati, in occasione di mostre monografiche e collettive, oltre un centinaio di cataloghi critici.
La storia della Sezione Progetto inizia nel 1978 quando è costituito il Comitato esecutivo del Centro Studi e Archivio della Comunicazione, composto da Maurizio Calvesi, Arturo Calzona, Roberto Campari, Corrado maltese, Massimo Mussini, Domenico Pesce, Arturo Carlo Quintavalle, Manfredo Tafuri e Bruno Zevi.
L’istituzione del Comitato Scientifico con atto formale sancisce una storia di rapporti intercorsi nei primi dieci anni di attività del centro, ma soprattutto coincide con l’acquisizione di un importantissimo gruppo di archivi de Design italiano; i designer coinvolti sono Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Giancarlo Iliprandi, Enzo Mari, Bruno Munari, Alberto Rosselli, Roberto Sambonet e Ettore Sottsass jr. Gli archivi di Design danno vita al nucleo iniziale del Dipartimento del progetto inaugurato nel 1979. Le prime mostre importanti legate al Design sono quelle di Bruno Munari (1980) e Enzo Mari (1983).
Nel 1980 si tiene il Convegno sul disegno di architettura, un’ulteriore occasione di confronto a livello nazionale sulla funzione del disegno e soprattutto sul ruolo dell’archivio di progetti di architettura ai fini della conservazione della memoria, quale strumento imprescindibile per lo studio, il lavoro e la progettazione di storici e architetti. Lo CSAC intende documentare la cultura del design italiano nella sua accezione più ampia, includendo anche il progetto grafico e dell’abito.
L’archivio conserva il Fondo di Gianfranco Frattini dal 2007, donato dagli eredi Emanuela Frattini Magnusson e Marco Frattini.
Il Fondo Gianfranco Frattini L’archivio CSAC, grazie al suo vasto patrimonio raccolto e conservato nell sua integrità, distaccandosi dalle codificazioni operate dal Museo, traccia percorsi conoscitivi capaci di indagare l’opera di un architetto come Gianfranco Frattini, dalle fasi progettuali iniziali fino al disegno esecutivo, anche a partire dalla presenza nei medesimi spazi del Fondo Gio Ponti, docente dello stesso Frattini. In questi termini di stima fra professore e allievo si colloca la donazione di Gianfranco Frattini a CSAC: dagli anni dell’università, quando Gio Ponti era docente del corso di interni, arredamento e decorazione presso il Politecnico di Milano, ai primi anni di formazione nello studio Ponti, dal suo primo incarico di progetto per l’Hotel Royal a Napoli a metà anni Cinquanta, che gli affida proprio il suo maestro, fino agli ultimi progetti degli anni 2000. Così come era successo per la donazione Ponti, avvenuta nel 1982, allo stesso modo, per volontà dell’architetto milanese, gli eredi Frattini hanno donato a CSAC nel 2007 più di novemila disegni che testimoniano la sua attività: tra i materiali si conservano schizzi preparatori, disegni esecutivi, copie eliografiche, lucidi, radex, maquettes, campionari di tessuto. I rapporti tra CSAC e gli eredi continuano ancora oggi con l’integrazione di altri materiali, com la documentazione fotografica e la rassegna stampa, fondamentali per ricostruire il dibattito critico e la cultura progettuale dell’architetto. Le stampe fotografiche di diversi formati documentano la sua attività di designer, ma a contempo permettono di comprendere l’importanza che assume la trascrizione fotografica nella comunicazione della progettazione di oggetti. Tra gli autori delle immagini si segnala la collaborazione di Aldo Ballo per la campagna pubblicitaria delle posate Ricci.
Il Fondo Frattini si integra ai Fondi di altri grandi disegnatori che hanno segnato la storia del design della seconda metà del Novecento, quali, per citarne alcuni, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Enzo Mari, Bruno Munari, Roberto Sambonet, Alberto Rosselli, Mario Bellini, Ettore Sottsass. Progettisti che hanno collaborato con importanti ditte, come Cassina, Danese, Gavina, Artemide, Flos, Poltrona Frau. L’interesse per la produzione in serie ha caratterizzato il dibattito sul disegno d’architettura e di oggetti tra fine Settanta e prima metà degli Ottanta. Arturo Carlo Quintavalle, fondatore del Centro Studi e Archivio della Comunicazione, si interroga a lungo su questi temi, che sono alla base dell’importazione metodologica del CSAC. «produzione in serie (...) che ha radicalmente modificato la nostra percezione di ciò che è originale/autentico. La riproduzione meccanizzata emancipa l’opera d’arte, trasformandola da oggetto di contemplazione a materia di studio empirico e scientifico. La percezione moderna si può meglio comprendere distinguendo due nozioni, quella di “autenticità” e quella di “singolarità”: la proliferazione in massa di copie si stabilisce sacrificando l’idea di autenticità, che si suppone sostentata da un oggetto originale o fondatore. (...) Secondo questa chiave d’interpretazione del prodotto artistico diventano fondamentali tutti gli elementi preparatori che concorrono alla sua esecuzione; i diversi studi progettuali – i testi, le scritture e ogni strumento di trascrizione – che raccontano le vicissitudini, politiche, storiche e materiali che hanno segnato la realizzazione di un oggetto di design, un edificio, un abito. Date queste premesse, meglio si comprenderà il concetto di “scrittura”. Quintavalle, accettando il modello interpretativo strutturale, integrato dagli studi di iconologia, considera il disegno un sistema. Le raccolte sono costruite, infatti, fin dalle origini, come sistema finalizzato alla ricostruzione storica dei contesti culturali e alla lettura critica delle scritture.» (Miodini 2022) La produzione di oggetti di grandissima qualità, ideati da Giancarlo
Frattini, dimostra un’attenta e profonda conoscenza dei materiali, segnatamente il legno, di cui si avvale con grande perizia. Insieme all’amico e maestro ebanista, Pierluigi Ghianda, l’architetto intraprende numerosi viaggi di ricerca, soprattutto in Giappone, attratto dalla cultura della lavorazione del legno. Lo studio dell’architetto era frequentato da diversi collaboratori, da quelli più stretti, di lunga data, più esperti che si occupavano di disegni e maquettes, ai collaboratori più giovani, spesso provenienti dal Giappone dove la ditta Cassina aveva una posizione importante, che si recavano nello studio proprio per imparare l’arte della progettazione degli arredi come la intendeva Frattini.
Il Fondo Frattini presso lo CSAC è pubblico e liberamente consultabile, la ricerca di archivio permette di ricostruire i progetti dell’architetto nella loro interezza, diverse sono le varianti e i disegni non definitivi, anch’essi fondamentali per comprendere le diverse fasi della progettazione, i rapporti con la committenza, le tendenze che andavano ad affermarsi negli anni, delineando il panorama culturale all’interno del quale si inserisce la produzione artistica dell’architetto.
Margherita Monica e Matilde Alghisi, CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma




Il ruolo dello Studio / Archivio


Nel 2019 insieme a Emanuela e Marco Frattini abbiamo dato inizio al lavoro sull’archivio di Gianfranco Frattini, risorsa utile per chiunque sia interessato all’operato del maestro e alla sua visione. Oggi esiste un archivio fisico di disegni, allo CSAC di Parma, e uno fotografico – che ci siamo impegnati a digitalizzare, scansionando tutti i faldoni. Centinaia di foto di prodotti e progetti sono state catalogate in una piattaforma digitale in continuo aggiornamento sulla base di nuove riedizioni, pubblicazioni su riviste, contributi inediti e nuove documentazioni. Ne è nato cos un progetto aperto, in costante evoluzione e sempre pronto ad accogliere nuove testimonianze: un punto di riferimento per la ricerca operativa e per la conoscenza.
Quando poi abbiamo iniziato a ragionare sull’idea di una mostra dedicata a Frattini, ci siamo interrogati sul significato che avrebbe dovuto avere. Si può infatti raccontare il suo lavoro da diverse prospettive: come architetto, come designer, dal punto di vista dello Studio/Archivio che ne trasmette l’eredità e il valore culturale e progettuale, considerando la presenza nei musei di design e arti decorative di tutto il mondo, oppure per l’attività svolta all’interno dell’ADI – che egli stesso ha contribuito a fondare. Le sfaccettature possibili sono molte, come gli aspetti della sua personalità e professionalità: allora abbiamo ritenuto opportuno pensare a una proposta che racchiudesse tutti questi temi in una sola narrazione.
Tutti riconoscono il ruolo fondamentale di Gianfranco Frattini nello sviluppo del design italiano, ma ciò che più sorprende è quanto il suo lavoro ancora oggi influenzi e ispiri i progettisti. La mostra mette in luce questa sua caratteristica, la straordinarietà che solo i talenti creativi possiedono: attraversare il tempo e saper stupire, sempre. Ieri, oggi e domani.In questi quattro anni di stretta collaborazione con la famiglia Frattini ho potuto apprendere direttamente questo insegnamento, e tramite le parole e i racconti dei suoi figli ho conosciuto l’animo dell’uomo oltre che dell’architetto, e la sua connessione con la Brianza. Contribuire a trasmetterne la memoria, gli insegnamenti e il valore è quindi per me non solo una responsabilità, ma anche u onore. Essere fautrice e parte di questo progetto culturale è l’occasione per mostrare compiutamente il percorso di divulgazione comunicativa fino ad oggi realizzato con lo Studio/Archivio, condividendo la mia esperienza e quanto ho avuto la fortuna di conoscere.

Alessia Interlandi, Responsabile comunicazione Studio / Archivio Gianfranco Frattini



Gli interni domestici

Gianfranco Frattini si forma nel quadro della cultura architettonica italiana
del dopoguerra ed è stato tra le personalità più rilevanti nel panorama artistico italiano. La sua visione modernista dell’architettura riflette una nuova concezione dell’abitare e del vivere. Nella sua opera è possibile assistere ad una rivoluzione nel rapporto tra design e architettura, non più concepiti come elegante addizione, ma come elementi che concorrono in egual misura alla composizione dello spazio. Essi si fondono in una relazione di interdipendenza, trasformando l’ambiente architettonico in un unicum, materico e cromatico, che coinvolge l’intero volume architettonico. Lo spazio diviene così luogo, in cui si definiscono le relazioni empatiche fra le persone, le loro attività, l’architettura e l’arredamento. Grazie, infatti, alla sua capacità di muoversi a pieno agio nella ricerca di soluzioni, mediante un’abile padronanza tecnologica e conoscenza delle materie, Frattini realizza elementi d’arredo a perfezionamento e compimento del disegno generale. Presupposto preliminare alla composizione del progetto è il tentativo da parte dell’architetto, di capire la psicologia e il gusto di coloro che abiteranno i suoi interni. Raccoglie informazioni da trasporre in forme, affinché il corso della progettazione risulti ricco di contenuti e motivazioni, filtrato attraverso la sua sensibilità. Ciò gli permette di creare degli ambienti che rispondono alle reali esigenze degli occupanti.
Alla fine degli anni Cinquanta si può considerare la sua poetica già matura e coerente: il progetto è inteso come un’esperienza totalizzante, in cui nulla può essere lasciato al caso, ottenendo un risultato di forte unità.
L’attenzione di Frattini considera la definizione e la dinamica degli spazi interni attraverso l’articolazione dei percorsi, dei livelli, dei volumi, di vedute e compresenze di temi formali. Seppure il suo disegno prende le mosse dalla pianta, è servendosi della sezione che riesce a studiare, anche nelle situazioni planimetricamente più ridotte, un elemento di sorpresa: il ribassamento di un soffitto o un pavimento rialzato, una moquette che sale a foderare i muri o l’improvviso cambio cromatico tra una superficie e l’altra.
Il tema della casa assume un ruolo assai caro nell’attività dell’architetto, considerata come un bene fondamentale per la vita dell’uomo, luogo nel quale si svolge e si consuma la sua esistenza. Essa presenta alcuni dei motivi più complessi per il progetto, ma anche un alto grado di libertà compositiva con cui esprimersi. In quest’ambito, Frattini interviene per lo più su edifici esistenti, dove si richiede una nuova distribuzione delle funzioni: che siano vasti ambienti in palazzi storici o piccole soluzioni abitative, l’architetto anima gli interni con dinamismo, mediante un assoluto controllo delle geometrie, fattore che rimane alla base della genesi di tutti i suoi progetti. È di grande stimolo per lui misurarsi con appartamenti minimi o con alloggi che presentano casualità di impianti, caratteristiche che non gli impediscono di giungere a recuperi di pieno riscatto architettonico, affrontando sempre i vincoli come incentivo per la sperimentazione di quel novero di soluzioni che diventeranno poi punti fondamentali della sua opera architettonica. In particolare, l’indagine sugli interni di piccole dimensioni lo conduce all’ideazione di composizioni distributive e funzionali interessanti. Esse sono caratterizzate dalla versatilità degli spazi, che egli associa all’elemento d’arredo, e di diaframma, come strumento per l’organizzazione degli ambienti. Pannelli, griglie e scenografici tendaggi sono elementi ricorrenti nei suoi progetti fin dalle giovanili esperienze professionali, attraverso i quali armonizza le esigenze del vivere quotidiano con la volontà di creare luoghi articolati, in cui la flessibilità e la continuità persistono come aspetti fondamentali.Emblematico in tal senso è l’appartamento CPF a Bergamo del 1956, primo progetto abitativo ufficiale dall’architetto, in cui crea zone non concretamente separate, ma finemente limitate. Da un grande cerchio lavorato all’interno della contro soffittatura lignea cade una pesante tenda che chiudendosi tutta, o in parte, circoscrive una porzione dell’ambiente. Questa assume un ruolo fortemente caratterizzante, il cui effetto scenografico è completato dal segno del tubo fluorescente che corre lungo la veletta. La tenda, quindi, delimita lo spazio della conversazione all’interno della grande zona giorno, ambiente unico che comprende il tavolo da pranzo e lo studio, creando una camera nella camera. L’architetto rifugge dal tradizionale concetto d soggiorno anche nella disposizione dell’arredamento che vede le sedute imbottite, disegnate per Cassina nello stesso periodo, seguire coerentemente la conformazione dello spazio. Elementi che, insieme a uno schermo parziale in muratura che separa l’ingresso dal pranzo, definiscono atmosfere differenti consentono, allo stesso tempo, una certa flessibilità di apertura verso il resto della casa. La struttura – pilastri e travi – non è nascosta, ma messa in rilievo, così come il soffitto, inspessito attraverso ribassamenti e incassi. L’architetto, infatti, conferisce agli elementi portanti e tecnologici un forte carattere connotativo: colonne e travi assumono una propria valenza architettonica e sono poste in relazione all’ambiente circostante senza mai fondersi con esso, rivendicando la propria riconoscibilità, talvolta in una veste rivisitata. Ciò è evidente anche nell’appartamento FST del 1957, dove gli elementi sono utilizzati per segnare la successione della vetrata posta all’ultimo piano o come filtro per definire lo spazio d’ingresso. In quest’ultimo caso, il setto lavora insieme a un paravento, che ha una trama compositiva tale da permettergli di assolvere al compito di elemento divisorio divenendo, allo stesso tempo, leggero e permeabile: il separé in legno di accurata intrecciatura, prodotto da CantieriCarugati, separa l’entrata dal soggiorno, filtrando i due ambienti con un gesto tanto lieve quanto marcato. Successivamente, Frattini disegna il tavolo Kyoto (1974), prodotto da Pierluigi Ghianda, in cui la stessa trama, ottenuta dall’incastro di tasselli in legno, compone il piano d’appoggio. Nell’opera è chiaramente leggibile una certa linearità espressiva, legata alla natura intrinseca della materia e al rigore del metodo progettuale. Nell’appartamento FST è inoltre visibile l’evoluzione dell’utilizzo di tendaggi, in forme e consistenze differenti, per contrassegnare gli ambienti: la porta tessile – un elemento frutto di una cooperazione creativa e sinergica tra artigianato, design e costruzione dello spazio – è adoperata per chiudere, all’occorrenza, la zona pranzo. L’architetto ottiene così una certa flessibilità e continuità, dove i tre volumi-contenitori delle principali funzioni domestiche (zona giorno, notte e servizi) vengono studiati in modo tale da non essere «chiusi» in loro stessi.Se in questi due appartamenti la separazione dei tre nuclei principali è ancora spazialmente presente, Frattini si distacca sempre più chiaramente da una distribuzione così rigida, mettendo a punto alcune soluzioni e motivi, ripresi e maturati nel tempo. Giunge così a una limitazione nell’uso delle tradizionali tramezzature adottando sistemi leggeri e, volendo, facilmente sostituibili.
Quest’azione, volta ad alleggerire la composizione, è bilanciata dalla disposizione di arredi ordinati a definire degli ambiti, servendosi anche di griglie e pannelli che appaiono e scompaiono, creando in tal modo un insieme in cui è possibile modificare la percezione dello spazio interno rendendolo dinamico.
La ricerca della continuità spaziale e del comfort abitativo, lo induce a conferire un ruolo importante all’interno del progetto a colori, texture e materiali proponendo combinazioni in linea con le più moderne tendenze ed esito di una personale sperimentazione. In questi casi, più che in altri interventi, il disegno dell’arredo diventa parte imprescindibile del progetto, integrandosi e legandosi all’architettura in una configurazione organica e armonica. Così i soffitti accompagnano il disegno in pianta, calando dove necessario di quota, a segnare i luoghi. Questi caratteri sono evidenti nell’appartamento BTT del1972, dove la continuità di materiali e i passaggi graduati di colori caldi – il verde e il marrone si alternano da superficie a volume – incorporano le diverse funzioni in una sola immagine unitaria. Gli unici mobili indipendenti si esprimono quali presenze volumetriche nello spazio e sono per la maggior parte disegnati dall’architetto stesso per la coeva produzione di serie. Il legno,
utilizzato per pedane, filtri, schermi e arredi fissi, prosegue senza stacco alcuno in mobili che vengono trascinati in un’unica atmosfera. I tessuti, in tutte le varianti cromatiche, possono rivestire gli armadi oppure risalire sui muri a formare alte fasce che paiono destinate ad «ammorbidire l’architettura», a renderla ospitale per l’uomo. Il gesto caratterizzante dell’operato di Frattini, cioè di strutturare lo spazio libero in zone non circoscritte da elementi fissi, è determinante per la risoluzione del limitato sviluppo in facciata dell’alloggio rispetto alla profondità del corpo di fabbrica. Mediante questa azione crea, come nell’appartamento CPF, un ambiente nell’ambiente, questa volta però attraverso un elemento più «materico»: un grande mobile è interposto tra la camera da letto, il soggiorno e la zona pranzo. Questo diaframma proietta la camera da letto verso la zona conversazione, ma è dotato di un sipario rigido che può calare o alzarsi sulla scena.
Frattini anima, dunque, gli interni di episodi intesi a creare movimenti e perfino sorprese, esplicitando una delle sue intenzionalità più abituali, quella di evitare assetti anonimi e monotoni. È in queste soluzioni che la sua attenzione si focalizza sul ritmo che conferisce alla planimetria di progetto e all’organizzazione, per poi tradurla secondo una gerarchia e un ordine. Il raggiungimento di questo obiettivo lo induce a modulare un sistema ben coordinato di temi, in cui il controllo delle geometrie si pone come fattore basilare nella genesi degli interventi. Questo è importantissimo nella progettazione dell’appartamento ARN del 1977/78, dove la pianta rimane aperta creando una sequenza di zone individuate attorno al nucleo centrale dei servizi. È un ambiente che, pur precisando zone destinate a funzioni diverse, consente una fluidità di passaggi tra l’una e l’altra, costituendosi come un monolocale. L’architetto qui studia una pianta aperta, nella quale i vari argomenti dell’abitare si sviluppano quasi ad anello, intorno a gruppi di attrezzature centrali. Ciò che più si esalta nella compagine delle parti sono i modi di dimensionamento delle sequenze, le misure e i ritmi delle successioni, gli stacchi e gli intervalli o le contiguità, fra settori diversi. Qui il disegno dell’arredo gioca un ruolo cruciale: elementi divisori e contenitori delle funzioni si identificano come un volume mosso che si sviluppa all’altezza di due metri. Essi sono totalmente foderati in feltro marrone, rinvestimento che segna l’interno dell’appartamento come un orizzonte costante. In questo progetto sono evidenti una coerenza assoluta di linguaggio e una notevole chiarezza nell’impostazione dello spazio architettonico interno: una «sintesi» ottenuta con la cura del particolare e l’amore per il dettaglio, peculiarità dei lavori che portano la firma di Gianfranco Frattini.

Susanna Beatrice Lubiana e Benedetta Patella, Ricercatrici e laureande del Politecnico di Milano



Il design

Il design degli architetti italiani include tra i suoi più importanti protagonisti Gianfranco Frattini. Progettista che proviene dal mondo e dal tipo di sensibilità strettamente pontiana (Ponti fu suo insegnante, con Portaluppi, al Politecnico) e affine alle ricerche di Luigi Caccia Dominioni e Marco Zanuso. All’opera da inizio anni Cinquanta, Frattini partecipa alle innovazioni anni Sessanta e poi Settanta, riconoscibili nelle sperimentazioni di suoi contemporanei come ad esempio Joe Colombo o gli Architetti Associati. Come avviene per Ponti, nella relazione tra architettura e design a Frattini interessa “un passaggio di linguaggio, veri e propri lemmi, che dall’architettura erede e rielaborazione della tradizione classica, passa agli oggetti, ferme restando le caratteristiche dei diversi settori produttivi – ceramica, metalli, tessuti, ebanisteria – in uno scambio, mai un’identificazione, tra i due ambiti” (Bulegato & Dellapiana, 2014). Frattini fa propria una costante ricerca estetica cresciuta sui tavoli da disegno di Ponti in via Dezza (vi lavora dal 1952 al 1955). Nel maestro scopre quella linea di disegno e metodo (così nella ricerca d’interni delle domus pontiane come negli oggetti per Fontana Arte, Ginori, Cassina) a cui si riferirà per tutta la vita. A questo potente modello unirà, nella sua lunga carriera dagli anni Cinquanta ai Novanta, la ricerca personale, secondo specifiche direzioni, approfondimenti e sensibilità, confrontandosi con la distanza dal dopoguerra e l’inoltrarsi degli anni Settanta e poi Ottanta. Di matrice pontiana anche la sua filosofia secondo la quale l’oggetto e lo spazio si trovano ad essere indissolubilmente legati nel farsi del progetto e nel mestiere dell’architetto: così non vi è salotto senza la sua lampada, letto senza il dettaglio dei piedi del letto e cucina senza posate. L’attenzione include anche i toni propri dei materiali scelti, il rapporto tra forma e colore, il dettaglio delle superfici di soffitto e pavimento. Questa “fusione” tra i diversi elementi che abitano lo spazio si riconosce nelle immagini degli appartamenti Capoferri a Bergamo, Piazzalunga a Milano o Abolaffio a Genova, solo per citarne alcuni tra i più noti. Frattini senza dubbio guarda all’opera di Le Corbusier, Mies van der Rohe, Frank Lloyd Wright e alla cultura nordica che la Triennale contribuisce a far conoscere in Italia.Se approfondiamo l’opera di Frattini nei disegni realizzati all’interno dello studio, si rendono evidenti due aspetti: una mano d’autore regale (classica nella ricerca di chiaroscuri e numerose varianti) e un metodo di rappresentazione sempre attento a rendere visibili le relazioni tra progetto e materiale, con dettagli di sezione, meccaniche studiate e rigore di proporzioni (sia esso un cucchiaio o una modanatura a soffitto): come rivela Marco Romanelli “per Frattini la sezione, ancor più della pianta, è lo strumento principale del progetto” (Romanelli, 2018). Partendo dal materiale conservato all’archivio CSAC di Parma per approfondire alcuni progetti, non si può non fare riferimento al disegno per la Poltrona in vimini (1959) di produzione Bonacina. Una tavola con due viste assonometriche dai tratti morbidi e chiarezza esecutiva con il dettaglio dei due nodi fondamentali: il piede della poltrona e il raccordo tra seduta e gambe. Un progetto che rivela la profonda comprensione della materia e della tecnica esecutiva della tessitura di fibre naturali per l’elaborazione della seduta. Anche nei disegni per i concorsi annuali Formica-Domus, dove presenta il Tavolo in legno 740 (Cassina) e lo Scrittoio 530 (Bernini), il tratto rivela l’autore: nello scrittoio evidenzia la venatura del legno, e la sezione mostra il rapporto tra pieno/vuoto dei cassetti e sottolinea la fattura dei giunti; nel tavolo l’assoluta pulizia formale e i dettagli esecutivi dei due incastri chiave definiscono il progetto e l’esattezza geometrica. Un particolare progetto in cui l’archivio ci regala traccia del segno d’autore è quello delle Posate per Ricci (1972): un affollarsi di sagome di cucchiai, forchette, coltelli (ricordano i tratti e le variazioni di un Gardella o di un Mari) sezionati in più punti con occhio naturalista alla ricerca dello sviluppo perfetto per il manico. Definite le geometrie nascono le ombre, si evidenziano le linee della lavorazione dell’argento e si analizza il comportamento della forma nell’uso: appoggiato al tavolo, sollevato, accoppiato. L’esempio è indicativo di un metodo unitario, in cui è la sezione nei diversi punti che permette di creare lo spazio, ovvero l’oggetto. Così i sottili Scacchi, sempre per Ricci, come le colonne di un tempio, scandiscono la tavola con le loro proporzioni e sezioni. Per il vaso Marco (1969) fissato nella sua perfezione di forma sferica, è la sezione che risolve tutti i dettagli (dal piede al contenitore interno, entrambi di forma cilindrica) l’intera idea è riconducibile alle proporzioni tra le parti e ai dettagli dei profili curvi, rivelando anche aspetti non realizzati (come scanalature interne e fori per i gambi). Esemplificativo anche il disegno di un faretto orientabile per un appartamento che, nel suo minimalismo rende esplicito il rapporto tra la scala dell’oggetto e quella dello spazio interno: Frattini guarda tutto dalla scala 1:1. Lavoro senza sosta, sperimentazione sopra la teoria: Frattini si perfeziona come progettista nel rapporto con la produzione e l’artigianato, Emanuela Frattini ricorda che per il padre “il disegno a un certo punto si ferma e si procede con prove e prototipi fino alla definizione del prodotto” (Romanelli, 2018) ovvero “la genesi dei modelli avviene dentro la fabbrica” (P.P. Santini, 1988). Parlare di Frattini significa anche osservare la materia: creazioni di palissandro, teak o jacaranda, noce, frassino. Oppure l’uso di fili di rayon o fibre naturali intessute come canna d’india o vimini. Lavora su sagome e volumi in acciaio o abs, vetro soffiato, ceramica e argento o soluzioni che ricorrono anche alla gomma o al cotone. La materia è lavorata dai caratteri riconoscibili come raggiature, sagomature e scanalature: un glossario che definisce un’eredità e un importante lascito progettuale futuro. Questi termini provengono in parte dalla cultura dell’autore, in parte dalle conoscenze acquisite e integrate nelle strette collaborazioni, Frattini infatti ha “una specialissima disponibilità allo scambio, che discende dalla coscienza di una precisa distinzione dei ruoli e delle competenze” (Santini, 1988). Tra i più importanti il rapporto con Cesare Cassina a Meda (dal 1954), l’amicizia con Pier Luigi Ghianda, maestro d’ebanisteria di Bovisio Masciago e sodale di scoperte e ricerche. Così con Livio Castiglioni, coautore della geniale giocosità di Boalum e maestro nell’esperire ogni stanza come un palcoscenico dove la luce è materia. Fondamentale la collaborazione con Bernini a Carate o il rapporto con Gino Sarfatti di Arteluce. La lista delle numerosissime aziende che hanno realizzato le sue opere rivela non solo l’ampiezza del dialogo dell’autore ma anche la sua capacità innata di prestarsi a settori diversissimi portando rigore e raffinatezza del dettaglio. Il lavoro di Frattini, come ben sottolinea Santini (1988), è una sperimentazione svolta nel corso della carriera “tra esperienze operative e cultura, tra intenzionalità e ricerca, tra intuizione ed elaborazione. Stabilisce un circolo, e si instaura una dialettica fruttuosa e feconda”. Da qui la quantità e la ricchezza delle opere, nate da una ininterrotta passione progettuale e da un rigore che definisce lo spazio abitato e l’oggetto. Progetti che partecipano e sono esemplari per il futuro nella storia del design degli architetti italiani.
Maria Chiara Manfredi, Dottore di ricerca all’Università di Parma e architetto




Un nuovo modello dell’abitare

Un pezzo di Gianfranco Frattini evoca il minimalismo poetico degli anni ‘50 e il modernismo degli anni ‘60. Tra puntature ponderate, incastri di marmo, sostegni incassati e altri tocchi raffinati attirano l’attenzione verso i dettagli più particolari, creando un insieme di prodotti che sono belli e pratici al tempo stesso. Questi dettagli, che hanno contribuito a definire la “mano” di Frattini, attraversano tutta la nostra collezione e siamo orgogliosi di poter onorare la sua eredità costruendo la nostra, fondata sulla produzione di design di qualità. La vasta opera di Gianfranco Frattini, attraversando categorie multiple – illuminazione, cristalleria, accessori e oggetti per la tavola oltre ai suoi mobili iconici – ha richiesto per la nostra collaborazione uno studio accademico ma anche personale. A tutto raggio i nostri collaboratori, dal marketing alle vendite, si sono immersi nello studio e nella ricerca dei suoi disegni iconici, arricchendo la nostra collezione di pezzi vintage strada facendo. Gianfranco Frattini era uno degli architetti d’interni più richiesti del suo tempo e ha creato spazi residenziali, ristoranti e negozi per i marchi di lusso emergenti riflettendo (e a volte anticipando) lo zeitgeist della sua città. Sono da sempre un ammiratore dei suoi disegni, delle linee e curve dei suoi tavoli e delle sedute delle sue sedie – pezzi disegnati meticolosamente per celebrare sia i momenti di solitudine che quelli di convivialità e conversazione. Frattini disegnava per trovare “la soluzione giusta” per ogni momento della vita. Questa intenzione rende i suoi prodotti intrinsecamente desiderabili, e per noi in CB2 rappresenta lo spirito progettuale con il quale vogliamo realizzare pezzi destinati ai collezionisti della prossima generazione.Tacchini, Poltrona Frau, Acerbis e adesso noi di CB2 siamo produttori scelti con cura per riproporre i disegni di Frattini. Il nostro approccio al lavoro di Frattini ha attinto da tutti i decenni della sua carriera, guardando alla funzionalità, all’estetica e alla durata nel tempo per ogni singolo prodotto. Una stretta collaborazione con i figli Emanuela Frattini Magnusson e Marco Frattini – oltre alla guida fornita dai disegni originali, da foto d’archivio e pezzi vintage – ha consentito che ogni dettaglio corrisponda alla visione e all’estetica del progettista. Il risultato finale sono prodotti che riflettono gli standard e la precisione che Frattini esigeva. Li abbiamo adattati ai nostri modelli di vita, usando la sua curiosità verso l’applicazione di materiali e tecnologie moderni. In linea con la sua filosofia, siamo convinti che il design di qualità possa essere ispirato e informato dal passato, ma allo stesso tempo debba aprirsi a tempi nuovi. Nel ruolo di nuovi produttori della sua opera continuiamo nel modus operandi di incorporare processi artigianali come gli incastri giapponesi, la lavorazione del metallo e del vetro soffiato. Ci siamo confrontati con alcuni dei suoi progetti più tecnicamente complessi – inglobando per esempio la giocosità degli elementi esposti nella lampada da tavolo Memoria, la struttura architettonica della sospensione Materia e le modulazioni luminose (innovative per il periodo del disegno originale) delle piantane Colonna e Campana. Nonostante alcuni nuovi mobili siano stati dedotti dai pezzi personali di Frattini, come per esempio la scrivania Portofino, costruita per il suo studio e ritrovata in foto d’archivio, li riteniamo sempre attuali e affascinanti anche per il lavoro di oggi. Siamo convinti che i suoi classici siano significativi oggi tanto quanto lo erano quando sono stati concepiti. Siamo onorati di aver prodotto una collezione degna di collezionisti e ammiratori dell’opera di Gianfranco Frattini. Con un occhio al futuro della nostra industria, siamo altrettanto onorati di poter incoraggiare la prossima generazione di collezionisti. Con ogni dettaglio, sia originale che modernizzato, introduciamo la visione di Frattini a occhi nuovi – e continuiamo l’eredità lasciata dall’autore per un nuovo modello dell’abitare.
Ryan Turf, Presidente di CB2


Gianfranco Frattini, mio padre
È sempre difficile descrivere una persona vicina, e nel mio caso è anche difficile scindere la persona che conoscevo dalla sua professione. La memoria che ho di mio padre da sempre è di architetto e collimava con il vederlo invariabilmente con la matita in mano, assorbito dal suo lavoro. Ci ha educato, mio fratello Marco e me, attraverso le sue scelte e gli oggetti di cui si circondava, e quindi circondavano anche noi, a un senso del bello che derivava da una coerenza intellettuale che ho capito solo più tardi. Non aveva niente a che vedere con quello che intendiamo per lusso. Fra le memorie più indelebili sono i ritorni dai suoi viaggi, che erano sempre fonte di nuove idee, con l’apertura di valigie da cui uscivano dai coltelli di Wirkkala e tessuti Marimekko dalla Finlandia, fino a ceramiche e ceste sudamericane. Apprezzava gli intrecci di un cestino messicano quanto una ciotola di lacca giapponese, in quanto espressioni pure di una cultura artigianale e materiale che si traduce in bellezza. In casa nostra coesistevano oggetti di provenienza e materiali disparati, che lo interessavano perché ne stimolavano la creatività. Conservava nel suo subconscio ispirazioni che riaffiorivano in fase di progettazione. La sua passione per le automobili, in particolare per le Ferrari, derivava dalla ammirazione dell’oggetto di design, dall’ingegno dei dettagli e dallo stimolo di tutti I sensi – dal rombo del motore al tocco dell’impugnatura di una maniglia. Rappresentavano un altro tipo di espressione culturale senza filtri. Formatosi alla scuola del razionalismo del Politecnico, allievo di Portaluppi e Ponti, che lo accoglie come collaboratore nel suo studio ancora studente, e di cui ricordava sempre con affetto “la profonda umanità, intelligenza e generosità”, aveva un approccio funzionale al progetto, nel caso di un prodotto affrontandone innanzitutto le prestazioni richieste e filtrando le soluzioni tramite le sue convinzioni. Il suo è stato un cammino professionale molto personale. Seguendone l’evoluzione attraverso lo studio dei suoi progetti resta costante un senso della misura, che nel corso dei decenni della sua carriera non è mai cambiato, come anche un distacco dalle tendenze preponderanti che lo influenzano solo marginalmente: pensiamo a come la lampada Boalum e il divano Sesann rispecchino lo spirito e l’estetica dei primi anni ’70 ma senza eccessi, al punto che ancora oggi hanno riscontro. Credo che forse in questo senso il passare del tempo possa definire, con un termine abusato, un classico.Viveva quotidianamente nel suo studio il principio “dal cucchiaio alla città”, passando, con una fluidità da invidiare, da una scala all’altra con la stessa dedizione e lo stesso interesse di sviscerare la migliore soluzione possibile. Fondamentale era la collaborazione con la parte manuale del suo lavoro.Diceva che “come progettista io nasco in bottega”: e da queste collaborazioni, che lo hanno portato a passare molto tempo nelle botteghe artigianali e nelle fabbriche brianzole, sono nate le sue più profonde amicizie, prima fra tutte quella con Pierluigi Ghianda, che era diventato il fratello che mio padre non aveva, e con il quale ha realizzato uno dei suoi pezzi più ammirati: il tavolo Kyoto. Nello studio di Ponti aveva conosciuto Cesare Cassina, il personaggio che ha lanciato la sua carriera di designer, affidandogli ancora giovanissimo la progettazione di molti pezzi per la sua azienda. Conscio delle sue radici e dedicato ai principi del modernismo, era colto, ma non amava teorizzarsi e non gli piaceva “raccontarsi”. Estroverso e accentratore all’apparenza era in realtà schivo e non amava la pubblicità. Lavorando in studio con lui si imparava il mestiere per osmosi, osservandolo progettare. In architettura il suo rigore si manifestava nel “risolvere la pianta”, ma arrivava alla soluzione con una capacità di pensare in tre dimensioni che con la pianta aveva anche risolto sezioni e soffitto. Come socio fondatore dell’ADI credeva fermamente nell’importanza di una simbiosi fra progettazione e industria, e in un rapporto diretto fra il progettista e l’autorità con il potere decisionale, senza mediazioni. Il suo amore per l’artigianato e la manualità della bottega nella quale si realizzavano I prototipi era pari al suo interesse per I processi industriali, che come diceva “richiedevano prodotti diversi che facessero uso intelligente della macchina”. Il lavoro di mio padre è sempre stato seguito dagli appassionati di design e dai collezionisti, ma è stato Marco Romanelli, rimpianto critico e architetto, che lo ha ufficialmente riscoperto promuovendo con Silvana Annichiarico una mostra in Triennale nel 2018.Oggi siamo felici di questa continuazione e grati al Comune di Cesano Maderno, al sindaco Giampiero Bocca e l’assessore Martina Morazzi, per averci offerto l’opportunità di questa nuova esposizione in un luogo straordinario, in un territorio che Gianfranco Frattini ha amato molto e dov’era di casa. Apriamo una finestra su come è presente oggi il lavoro di mio padre, per collezionisti, amanti del design e una nuova generazione che continua a vivere e usare I suoi disegni – come lui avrebbe voluto. Ne sarebbe (segretamente) orgoglioso.
Emanuela Frattini Magnusson, Architetto e designer

Press


Un’iniziativa di
Città di Cesano Maderno
Sindaco
Gianpiero Bocca
Assessora alla cultura
Martina Morazzi
Con il patrocinio di
Provincia Monza e Brianza
ADI Associazione per il Disegno Industriale
A cura di
Studio/Archivio Gianfranco Frattini
in.circle
Partner
CSAC ‒ Università di Parma, Centro Studi
e Archivio della Comunicazione
Sponsor
Acerbis
Artemide
CB2
Ceccotti Collezioni
Dooor
FontanaArte
Gubi
Poltrona Frau
Tacchini
Torri Lana

Sponsor tecnico
Ebanisteria Kora
con
Mauri e Ghiesi
Enrico Colombo
Logistica
Cuminetti Fine Art Service
Progetto espositivo
Emanuela Frattini Magnusson
Coordinamento
Alessia Interlandi
Comunicazione
in.circle
Progetto grafico
cccppp.studio
Ufficio stampa
Lucia Portesi
e Luisa Castiglioni

Testi
Matilde Alghisi
Susanna Lubiana
Emanuela Frattini Magnusson
Maria Chiara Manfredi
Margherita Monica
Benedetta Patella
Ryan Turf
Elaborazione testi
Veronica Orsi
Lucia Moschella

Video
Studio Azzurro
Video editing
Berenice Film
Si ringraziano
Marco Bellasio
Massimo Belotti
Donatella Brun
Francesca Ceccoli
Imma Forino
Giambattista Corbetta
Cinzia Ferraroli
Letizia Frattini Sauchella
Marco Frattini
Lucrezia Gazzola
Beatrice Ghianda
Luigi Livio
Madeleine Lupi
Carl Gustav Magnusson
Francesco Mascarucci
Antonella Minetto
Andrea Puppa
Roger Wal






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