Gli interni domestici
Gianfranco Frattini si forma nel quadro della cultura architettonica italiana
del dopoguerra ed è stato tra le personalità più rilevanti nel panorama artistico italiano. La sua visione modernista dell’architettura riflette una nuova concezione dell’abitare e del vivere. Nella sua opera è possibile assistere ad una rivoluzione nel rapporto tra design e architettura, non più concepiti come elegante addizione, ma come elementi che concorrono in egual misura alla composizione dello spazio. Essi si fondono in una relazione di interdipendenza, trasformando l’ambiente architettonico in un unicum, materico e cromatico, che coinvolge l’intero volume architettonico. Lo spazio diviene così luogo, in cui si definiscono le relazioni empatiche fra le persone, le loro attività, l’architettura e l’arredamento. Grazie, infatti, alla sua capacità di muoversi a pieno agio nella ricerca di soluzioni, mediante un’abile padronanza tecnologica e conoscenza delle materie, Frattini realizza elementi d’arredo a perfezionamento e compimento del disegno generale. Presupposto preliminare alla composizione del progetto è il tentativo da parte dell’architetto, di capire la psicologia e il gusto di coloro che abiteranno i suoi interni. Raccoglie informazioni da trasporre in forme, affinché il corso della progettazione risulti ricco di contenuti e motivazioni, filtrato attraverso la sua sensibilità. Ciò gli permette di creare degli ambienti che rispondono alle reali esigenze degli occupanti.
Alla fine degli anni Cinquanta si può considerare la sua poetica già matura e coerente: il progetto è inteso come un’esperienza totalizzante, in cui nulla può essere lasciato al caso, ottenendo un risultato di forte unità.
L’attenzione di Frattini considera la definizione e la dinamica degli spazi interni attraverso l’articolazione dei percorsi, dei livelli, dei volumi, di vedute e compresenze di temi formali. Seppure il suo disegno prende le mosse dalla pianta, è servendosi della sezione che riesce a studiare, anche nelle situazioni planimetricamente più ridotte, un elemento di sorpresa: il ribassamento di un soffitto o un pavimento rialzato, una moquette che sale a foderare i muri o l’improvviso cambio cromatico tra una superficie e l’altra.
Il tema della casa assume un ruolo assai caro nell’attività dell’architetto, considerata come un bene fondamentale per la vita dell’uomo, luogo nel quale si svolge e si consuma la sua esistenza. Essa presenta alcuni dei motivi più complessi per il progetto, ma anche un alto grado di libertà compositiva con cui esprimersi. In quest’ambito, Frattini interviene per lo più su edifici esistenti, dove si richiede una nuova distribuzione delle funzioni: che siano vasti ambienti in palazzi storici o piccole soluzioni abitative, l’architetto anima gli interni con dinamismo, mediante un assoluto controllo delle geometrie, fattore che rimane alla base della genesi di tutti i suoi progetti. È di grande stimolo per lui misurarsi con appartamenti minimi o con alloggi che presentano casualità di impianti, caratteristiche che non gli impediscono di giungere a recuperi di pieno riscatto architettonico, affrontando sempre i vincoli come incentivo per la sperimentazione di quel novero di soluzioni che diventeranno poi punti fondamentali della sua opera architettonica. In particolare, l’indagine sugli interni di piccole dimensioni lo conduce all’ideazione di composizioni distributive e funzionali interessanti. Esse sono caratterizzate dalla versatilità degli spazi, che egli associa all’elemento d’arredo, e di diaframma, come strumento per l’organizzazione degli ambienti. Pannelli, griglie e scenografici tendaggi sono elementi ricorrenti nei suoi progetti fin dalle giovanili esperienze professionali, attraverso i quali armonizza le esigenze del vivere quotidiano con la volontà di creare luoghi articolati, in cui la flessibilità e la continuità persistono come aspetti fondamentali.Emblematico in tal senso è l’appartamento CPF a Bergamo del 1956, primo progetto abitativo ufficiale dall’architetto, in cui crea zone non concretamente separate, ma finemente limitate. Da un grande cerchio lavorato all’interno della contro soffittatura lignea cade una pesante tenda che chiudendosi tutta, o in parte, circoscrive una porzione dell’ambiente. Questa assume un ruolo fortemente caratterizzante, il cui effetto scenografico è completato dal segno del tubo fluorescente che corre lungo la veletta. La tenda, quindi, delimita lo spazio della conversazione all’interno della grande zona giorno, ambiente unico che comprende il tavolo da pranzo e lo studio, creando una camera nella camera. L’architetto rifugge dal tradizionale concetto d soggiorno anche nella disposizione dell’arredamento che vede le sedute imbottite, disegnate per Cassina nello stesso periodo, seguire coerentemente la conformazione dello spazio. Elementi che, insieme a uno schermo parziale in muratura che separa l’ingresso dal pranzo, definiscono atmosfere differenti consentono, allo stesso tempo, una certa flessibilità di apertura verso il resto della casa. La struttura – pilastri e travi – non è nascosta, ma messa in rilievo, così come il soffitto, inspessito attraverso ribassamenti e incassi. L’architetto, infatti, conferisce agli elementi portanti e tecnologici un forte carattere connotativo: colonne e travi assumono una propria valenza architettonica e sono poste in relazione all’ambiente circostante senza mai fondersi con esso, rivendicando la propria riconoscibilità, talvolta in una veste rivisitata. Ciò è evidente anche nell’appartamento FST del 1957, dove gli elementi sono utilizzati per segnare la successione della vetrata posta all’ultimo piano o come filtro per definire lo spazio d’ingresso. In quest’ultimo caso, il setto lavora insieme a un paravento, che ha una trama compositiva tale da permettergli di assolvere al compito di elemento divisorio divenendo, allo stesso tempo, leggero e permeabile: il separé in legno di accurata intrecciatura, prodotto da CantieriCarugati, separa l’entrata dal soggiorno, filtrando i due ambienti con un gesto tanto lieve quanto marcato. Successivamente, Frattini disegna il tavolo Kyoto (1974), prodotto da Pierluigi Ghianda, in cui la stessa trama, ottenuta dall’incastro di tasselli in legno, compone il piano d’appoggio. Nell’opera è chiaramente leggibile una certa linearità espressiva, legata alla natura intrinseca della materia e al rigore del metodo progettuale. Nell’appartamento FST è inoltre visibile l’evoluzione dell’utilizzo di tendaggi, in forme e consistenze differenti, per contrassegnare gli ambienti: la porta tessile – un elemento frutto di una cooperazione creativa e sinergica tra artigianato, design e costruzione dello spazio – è adoperata per chiudere, all’occorrenza, la zona pranzo. L’architetto ottiene così una certa flessibilità e continuità, dove i tre volumi-contenitori delle principali funzioni domestiche (zona giorno, notte e servizi) vengono studiati in modo tale da non essere «chiusi» in loro stessi.Se in questi due appartamenti la separazione dei tre nuclei principali è ancora spazialmente presente, Frattini si distacca sempre più chiaramente da una distribuzione così rigida, mettendo a punto alcune soluzioni e motivi, ripresi e maturati nel tempo. Giunge così a una limitazione nell’uso delle tradizionali tramezzature adottando sistemi leggeri e, volendo, facilmente sostituibili.
Quest’azione, volta ad alleggerire la composizione, è bilanciata dalla disposizione di arredi ordinati a definire degli ambiti, servendosi anche di griglie e pannelli che appaiono e scompaiono, creando in tal modo un insieme in cui è possibile modificare la percezione dello spazio interno rendendolo dinamico.
La ricerca della continuità spaziale e del comfort abitativo, lo induce a conferire un ruolo importante all’interno del progetto a colori, texture e materiali proponendo combinazioni in linea con le più moderne tendenze ed esito di una personale sperimentazione. In questi casi, più che in altri interventi, il disegno dell’arredo diventa parte imprescindibile del progetto, integrandosi e legandosi all’architettura in una configurazione organica e armonica. Così i soffitti accompagnano il disegno in pianta, calando dove necessario di quota, a segnare i luoghi. Questi caratteri sono evidenti nell’appartamento BTT del1972, dove la continuità di materiali e i passaggi graduati di colori caldi – il verde e il marrone si alternano da superficie a volume – incorporano le diverse funzioni in una sola immagine unitaria. Gli unici mobili indipendenti si esprimono quali presenze volumetriche nello spazio e sono per la maggior parte disegnati dall’architetto stesso per la coeva produzione di serie. Il legno,
utilizzato per pedane, filtri, schermi e arredi fissi, prosegue senza stacco alcuno in mobili che vengono trascinati in un’unica atmosfera. I tessuti, in tutte le varianti cromatiche, possono rivestire gli armadi oppure risalire sui muri a formare alte fasce che paiono destinate ad «ammorbidire l’architettura», a renderla ospitale per l’uomo. Il gesto caratterizzante dell’operato di Frattini, cioè di strutturare lo spazio libero in zone non circoscritte da elementi fissi, è determinante per la risoluzione del limitato sviluppo in facciata dell’alloggio rispetto alla profondità del corpo di fabbrica. Mediante questa azione crea, come nell’appartamento CPF, un ambiente nell’ambiente, questa volta però attraverso un elemento più «materico»: un grande mobile è interposto tra la camera da letto, il soggiorno e la zona pranzo. Questo diaframma proietta la camera da letto verso la zona conversazione, ma è dotato di un sipario rigido che può calare o alzarsi sulla scena.
Frattini anima, dunque, gli interni di episodi intesi a creare movimenti e perfino sorprese, esplicitando una delle sue intenzionalità più abituali, quella di evitare assetti anonimi e monotoni. È in queste soluzioni che la sua attenzione si focalizza sul ritmo che conferisce alla planimetria di progetto e all’organizzazione, per poi tradurla secondo una gerarchia e un ordine. Il raggiungimento di questo obiettivo lo induce a modulare un sistema ben coordinato di temi, in cui il controllo delle geometrie si pone come fattore basilare nella genesi degli interventi. Questo è importantissimo nella progettazione dell’appartamento ARN del 1977/78, dove la pianta rimane aperta creando una sequenza di zone individuate attorno al nucleo centrale dei servizi. È un ambiente che, pur precisando zone destinate a funzioni diverse, consente una fluidità di passaggi tra l’una e l’altra, costituendosi come un monolocale. L’architetto qui studia una pianta aperta, nella quale i vari argomenti dell’abitare si sviluppano quasi ad anello, intorno a gruppi di attrezzature centrali. Ciò che più si esalta nella compagine delle parti sono i modi di dimensionamento delle sequenze, le misure e i ritmi delle successioni, gli stacchi e gli intervalli o le contiguità, fra settori diversi. Qui il disegno dell’arredo gioca un ruolo cruciale: elementi divisori e contenitori delle funzioni si identificano come un volume mosso che si sviluppa all’altezza di due metri. Essi sono totalmente foderati in feltro marrone, rinvestimento che segna l’interno dell’appartamento come un orizzonte costante. In questo progetto sono evidenti una coerenza assoluta di linguaggio e una notevole chiarezza nell’impostazione dello spazio architettonico interno: una «sintesi» ottenuta con la cura del particolare e l’amore per il dettaglio, peculiarità dei lavori che portano la firma di Gianfranco Frattini.
Susanna Beatrice Lubiana e Benedetta Patella, Ricercatrici e laureande del Politecnico di Milano